Dogman

Dogman

- in Film 2018, Recensioni
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In una periferia dove l’unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello (Marcello Fonte) è un mite e piccolo uomo le cui giornate si dividono tra il modesto lavoro nel suo salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlioletta Alida e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simone (Edoardo Pesce), ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Quando però proprio da quest’ultimo subisce l’ennesima sopraffazione, Marcello, ormai meno remissivo e pronto a riaffermare la propria dignità, decide di mettere in atto una vendetta dagli esiti inaspettati.

Da sempre narratore di favole nere frutto di una costante alterazione delle situazioni (spinte infatti quasi ai limiti dell’irreale), dopo aver ribaltato tale prospettiva per la precedente incursione nel fantasy con Il Racconto dei Racconti Matteo Garrone continua a portare avanti tale itinerario tornando però ora alle origini con questo suo nono film che in ciò si riallaccia piuttosto soprattutto a L’Imbalsamatore, a partire da come reinventa il fatto di cronaca alla base della trama: nel trarre liberamente ispirazione dal caso del cosiddetto “canaro della Magliana” che trent’anni fa scosse l’opinione pubblica, il regista (anche co-sceneggiatore insieme agli abituali collaboratori Ugo Chiti e Massimo Gaudioso) ne riprende soltanto gli elementi salienti per mettere in scena un altro racconto di pulsioni e di morte in cui torna a coniugare con grande sapienza noir dell’anima e cinema d’atmosfera. Nell’addentrarsi nuovamente nello squallore della più profonda provincia italiana (resa splendidamente dalla livida fotografia del danese Nicolaj Bruel), l’autore la descrive e la racconta infatti come un luogo sospeso, senza tempo (e quindi universale) nel quale si addentra scavando al contempo negli istinti più reconditamente oscuri da cui possono scaturire terribili conflitti interiori: perché tale ambientazione si fa specchio di un umanità oppressa, desolata e confusa che, intaccata e contagiata dalla banale ineluttabilità del Male (altro tema ricorrente nel cinema di Garrone), rivela appunto quel suo lato più brutale dimostrando quindi l’estrema labilità del confine tra uomo e bestia, che in realtà puntualmente coesistono, sempre pronte a scambiarsi, fondersi o confondersi. In ciò, nel fare emergere tali implicazioni in un chirurgico crescendo di angoscia e sopraffazione, l’autore mette in scena il tutto con uno sguardo lucido eppure quasi essenziale, lavorando per sottrazione per epurare il racconto della sua efferatezza più estrema e restituire quindi purezza ad una narrazione che, così trasfigurata per virtù di stile, rispecchia quel succitato dualismo che ne è il motore, procedendo infatti in un costante e magistrale equilibrio tra ferocia e delicatezza. Ma tra guaiti d’affetto o di supporto (dai liberatori momenti di Marcello con Alida all’affetto incondizionato per i suoi cani) e latrati rabbiosi (dalla perdita di fiducia nei confronti dei vicini fino alla sanguinosa degenerazione del rapporto con Simone), la centrale lotta per la sopravvivenza non prevede comunque né consente compassione: perduta o addirittura mai esistita una morale (cui non a caso il racconto non fa concessioni), a rimanere sono piuttosto una solitaria illusione di riscatto e un’amarissima rassegnazione alla violenza, le quali, mentre lo sconvolgente racconto assume progressivamente i toni di un’agghiacciante parabola biblica, confluiscono nella straordinaria sequenza finale con quella che forse sarà ricordata come una delle metafore cristologiche più personali ed efficaci degli ultimi tempi. A tale lodevole risultato, con il supporto di un ottimo ed inquietante Edoardo Pesce sfigurato dal trucco, contribuisce certamente in misura determinante l’eccellente protagonista Marcello Fonte, interprete quasi per caso che al suo primo ruolo di rilievo ha infatti saputo offrire una performance poderosa e viscerale per la quale ha infatti ricevuto il plauso della critica internazionale, aggiudicandosi inoltre meritatamente il premio come miglior attore all’ultimo festival di Cannes.

Dogman
Dogman
Summary
id.; di Matteo Garrone; con Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Alida Baldari Calabria, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli; drammatico; Italia/ Francia, 2018; durata: 102’.
80 %
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