Wild

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- in Film 2014, Recensioni
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Dopo anni di vita sregolata sfociati in una dipendenza dall’eroina che ha portato al crollo del suo matrimonio, Cheryl Strayed (Reese Witherspoon) prende un’improvvisa decisione: tormentata dal ricordo della madre Bobbi (Laura Dern), in solitario e senza alcuna esperienza la ragazza si lancia infatti in un viaggio a piedi lungo più di mille miglia lungo il Pacific Crest Trail (il Sentiero delle Creste del Pacifico); l’estrema prova di resistenza si trasformerà in un’incredibile esperienza di vita che, tra paure e soddisfazioni, finirà per fortificarla e, infine, guarirla.

Prodotto per Fox Searchlight dalla Pacific Standard di Reese Witherspoon (in società con Bruna Papandrea), è la trasposizione dell’omonimo romanzo autobiografico di Cheryl Strayed, adattato per lo schermo con certa fedeltà dal rinomato romanziere inglese Nick Hornby e messo in immagini dall’apprezzato regista canadese Jean-Marc Vallée; reduce dal successo di Dallas Buyers Club, quest’ultimo porta così al cinema un’altra storia vera di resistenza fisica e morale, questa volta suggerita attraverso una struttura frammentata sostenuta da un’attinente cifra stilistica e cadenzata da un sapiente uso del montaggio (di Martin Pensa in collaborazione con lo stesso regista, che per questo ruolo adotta lo pseudonimo di John Mac McMurphy): nell’efficace scansione narrativa a due livelli temporali, sull’azione oggettiva degli eventi presenti è innestato infatti il flusso di coscienza della protagonista, reso attraverso schegge di ricordi che mano a mano ricompongono il mosaico frantumato del suo doloroso passato, definendo la caratterizzazione del personaggio e svelando le ragioni di una decisione tanto radicale, il cui principio alla base può ricordare altre storie vere già portate al cinema in precedenza (dal bellissimo Into the Wild di Sean Penn fino al più recente Tracks con Mia Wasikowska); tuttavia, seppur legittimo di fronte a tale incipit, accostare quest’ultimo esempio del filone a qualsivoglia predecessore potrebbe comunque risultare poco utile non solo per quanto riguarda la personale scrittura stilistica, ma anche per il differente approccio con cui è snodata la tematica del confronto con l’ambiente: ad esempio, infatti, se nel film di Penn il protagonista si abbandonava alla natura fino ad esserne inglobato, in questo caso è invece il paesaggio a piegarsi alla forza d’animo di Cheryl, assumendo così un valore illustrativo per alludere ad un percorso interiore in cui l’ammirevole volontà può prevalere sull’angoscia di non farcela. In tutto ciò, nonostante la regia del comunque capace Vallée rischi a tratti di farsi prendere la mano dagli squarci di lirismo e la pur sempre sapiente scrittura di Hornby non conservi del tutto l’acume dei suoi precedenti lavori, la nobile partecipazione con cui è condotto questo catartico e suggestivo percorso, in bilico tra road movie e love story fra madre e figlia, riesce comunque con non scontata efficacia ad invitare lo spettatore a parteciparvi con un sincero coinvolgimento che può sconfinare in momenti di autentica emozione; a questo proposito, importanti contributi arrivano dalla splendida fotografia di Yves Bélanger e dalla trascinante colonna musicale (con brani di Simon & Garfunkel, Leonard Cohen, Bruce Springsteen, Portished e Pat Metheny), anche se uno dei principali punti di forza della pellicola rimane senza dubbio la notevole performance della succitata Witherspoon (giustamente candidata all’Oscar insieme alla co-protagonista Laura Dern, anch’essa ottima in un ruolo di madre breve ma intenso): in quella che è forse la sua migliore interpretazione dal celebre Quando l’Amore Brucia l’Anima, l’attrice palesa infatti la sua dedizione verso un progetto seguito con sentita partecipazione (anche in veste di co-produttrice), dimostrandosi capace di rendere al meglio l’essenza del suo personaggio facendone emergere l’umanità e le ragioni come anche i conflitti e le zone d’ombra.

Wild
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Summary
id.; di Jean-Marc Vallée; con Reese Witherspoon, Laura Dern, Gaby Hoffmann, Thomas Sadowski, Michael Huisman; drammatico; USA, 2014; durata: 120'.
60 %
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