Metropolis

Metropolis

- in Anni 20, Fritz Lang, Recensioni
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2026. In una megalopoli futuristica, gli operai che lavorano come schiavi nei sotterranei della città sono incitati alla rivolta da un robot dalle sembianze di donna, costruito da uno scienziato che ha dichiarato guerra al potente capo cittadino. Così, accompagnati dal singolare automa, la timida Maria (Brigitte Helm) e il figlio dello scienziato Freder (Gustav Frohlich) si mettono alla guida di una sommossa popolare che sconvolgerà l’opprimente ordine gerarchico della metropoli.

Prodotto dall’UFA con costi talmente stratosferici da provocarne quasi il collasso, alla sua uscita questo celebre film di Lang fu oggetto di critiche disparate anche da parte di numerose personalità dell’epoca come H. G. Wells, che lo definì addirittura “sciocco”, e Buñuel, che invece, malgrado l’avversione verso il contenuto (che giudicò “retorico, banale, intriso di romanticismo superato”), non poté comunque esimersi dal lodarne la messa in scena. Tali controversie derivano anche dal contrasto tra le idee anti-naziste del regista Lang e la posizione politica della sceneggiatrice (nonché moglie del regista) Thea von Harbou, vicina invece al Reich: con tale premessa, appare infatti da subito piuttosto complesso definire con certezza l’identità di un film che, nell’incontro-scontro tra due modi di pensare sostanzialmente agli antipodi, affronta il complesso tema del capitale in contrapposizione con il lavoro attraverso un’analisi sul conflitto tra padroni ed operai (la sequenza metaforica degli operai come burattini) e sul divario tra classi sociali in cui il discorso sullo sfruttamento del capitalismo si connette a quello sugli effetti disumani dell’evoluzione tecnologica e dell’alienazione causata dall’industrializzazione. I suddetti elementi in antitesi sono riconciliati attraverso una soluzione finale che, coerentemente con l’inclinazione apologetica del racconto, può in effetti risultare piuttosto modesta (la rocambolesca storia d’amore con tanto di lieto fine conciliatorio, con il cuore a far da tramite tra il braccio e la mente), specie se si considera che il centrale discorso sulla lotta tra bene e male filtrato attraverso il contrasto tra luci ed ombre del progresso rimane piuttosto sfocato o poco definito, come si evince anche dal piuttosto labile confine tra la negatività dell’oscurantismo e il potere della conoscenza, evidente nella figura dello scienziato (dipinto infatti come una sorta di folle colpevole illuminato); a questo proposito, come suddetto, l’assunto ideologico di “Metropolis” (reazionaria o progressista?) rimane quindi piuttosto ambiguo (il film piacque molto anche a Hitler e Goebbels), come irrisolto resta anche il succitato contrasto tra il misticismo retorico del racconto e la grande forza espressiva dal punto di vista stilistico, in cui però d’altra parte potrebbe paradossalmente risiedere la chiave interpretativa dell’opera: all’insegna di un sincretismo debordante e forte di un apparato scenografico di grande suggestione (con richiami all’espressionismo e all’architettura del futurismo), è un’opera tecnicamente prodigiosa in cui Lang, esponendo il debole tessuto tematico con un approccio antitetico di grande forza visionaria (nonché ricco di rimandi, simbolismi ed incursioni metaforiche), ha saputo infatti integrare con estrema padronanza la struttura narrativa da romanzo d’appendice in una messa in scena di indiscutibile maestria e di grande forza evocativa, che ancora oggi riesce a stupire. Girato nel 1926, proiettato a Berlino nel 1927 e in seguito tagliato di quasi trenta minuti dallo stesso Lang, venne poi distribuito in varie versioni differenti per durata e montaggio; nel 1984 la Cineteca di Monaco si occupò di un restauro, ma nello stesso anno Giorgio Moroder ne confezionò una versione a colori, ridotta (87 minuti) e da lui sonorizzata con musiche rock, a cui successivamente ne seguirono altre musicate da Philip Glass e Jeff Mills: operazioni forse da un certo punto di vista discutibili e anacronistiche, ma d’altra parte bisogna riconoscere che “Metropolis” è in effetti un valido esempio di film muto le cui qualità espressive possono essere esaltate da un tappeto musicale. Nel 2008 fu rinvenuta in una collezione privata una bobina contenente del materiale fino ad allora considerato perduto durante la guerra: tali sequenze furono reintegrate nella pellicola e nel 2010 il film, nella sua versione più completa (148 minuti), fu presentato, con orchestrazione dal vivo, al 60° festival di Berlino, per essere poi distribuita in DVD.

Metropolis
Metropolis
Summary
id.; di FRITZ LANG; con GUSTAV FROHLICH, BRIGITTE HELM, ALFRED ABEL, RUDOLF KLEIN-ROGGE, FRITZ RASP, THEODOR LOOS, ERWIN BISWANGER, HEINRICH GEORGE, OLAF STORM, HANNS LEO REICH; fantascienza; Germania, 1927; B/N; durata: 147’;
80 %
Voto al film
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