Andrzej Wajda (1926-2016)

Andrzej Wajda (1926-2016)

È morto a Varsavia il grande regista Andrzej Wajda: tra gli autori polacchi di maggior rilievo, con il suo cinema appassionato e connotato da un forte impegno politico e civile ha rappresentato una delle voci più significative del cinema dell’Est Europa. Dalla cronaca degli episodi della Resistenza agli adattamenti di classici letterari e teatrali fino alla ricostruzione dei soprusi del regime comunista, il suo cinema (attraversato principalmente dai temi dell’antisemitismo e del totalitarismo) si distingue soprattutto per aver ispirato e raccontato il riscatto della Polonia dallo stalinismo denunciandone con coraggio le mistificazioni ideologiche.

Nato nel 1927 in una cittadina del Nord della Polonia e figlio di un ufficiale di cavalleria morto durante la Seconda Guerra Mondiale, ancora adolescente si arruola nelle formazioni partigiane non comuniste. Grande appassionato di storia polacca e di pittura, dopo la guerra frequenta l’Accademia delle Belle Arti ed in seguito entra alla Scuola Nazionale di Cinema di Lodz, dove realizza i suoi primi corti. L’esordio nel lungometraggio avviene nel 1955 con Generazione: il film è il primo della cosiddetta “trilogia della generazione perduta” (dedicata alla Resistenza ai nazisti), proseguita con I Dannati di Varsavia e conclusasi con quello che si rivelò uno dei capolavori del cinema europeo del dopoguerra, ovvero Cenere e Diamanti, opera di enorme importanza che unendo un ritmo incalzante da cinema statunitense con un’insolita e complessa varietà di temi e di toni anticipò infatti il nuovo cinema Anni ’60. Nel 1959 gira invece Lotna, metaforico apologo sull’assurdità della guerra che è anche il suo primo film a colori, mentre di tutt’altro genere è il successivo Ingenui Perversi, amara commedia (in linea con la poetica della Nouvelle Vague) sull’anticonformismo della gioventù polacca. Prima di girare un episodio del film collettivo L’amore a vent’anni, nel 1961 realizza due film di diverso genere, ovvero Samson (sull’odissea di un ebreo polacco durante la Shoah) e Lady Macbeth Siberiana, primo di una serie di film in costume girati con grandi mezzi anche se piuttosto distanti dall’energia civile tipica del suo cinema, di cui fecero parte anche l’epico affresco Ceneri sulla grande armata e la suggestiva co-produzione inglese Gates to Paradise. Nel 1968 dirige poi Tutto in vendita, film dedicato all’attore Zbigniew Cybulski che con la sua natura ambivalente nella compenetrazione tra realtà e finzione può considerarsi uno dei grandi esempi di “cinema sul cinema”, segnando inoltre un punto di svolta nell’itinerario di Wajda, che con quest’opera (considerata una delle più rappresentative) chiude infatti un periodo altalenante per concentrarsi di nuovo sull’impegno sociale. Dopo Caccia alle mosche (presentato al festival di Cannes), nel 1970 gira infatti il lucido e dolente Paesaggio dopo la battaglia, storia d’amore in un campo di sterminio nazista con cui l’autore torna ai suoi temi giovanili. Seguono alcuni adattamenti di opere letterarie come Il bosco delle betulle, Le Nozze, Pilato e gli altri (tratto da Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov), La Linea d’Ombra (realizzato in collaborazione con la televisione inglese e basato sul romanzo breve di Joseph Conrad) e La Terra della grande promessa, arguta analisi degli effetti della rivoluzione industriale; con quest’ultimo, candidato all’Oscar come miglior film straniero, Wajda pare quasi anticipare gli intenti di quello che sarà uno dei suoi lavori più celebri e rappresentativi, ovvero L’Uomo di Marmo (1976), vincitore del Premio della Critica al festival di Cannes: film della svolta e compendio delle tematiche e della poetica che caratterizzano il suo cinema, la pellicola ripercorre trent’anni di storia polacca attraverso la figura di un operaio idealista perseguitato dal regime comunista; con la sua carica di denuncia nei confronti della mistificazione ideologica dello stalinismo, il film precede le lotte del sindacato di Solidarnosc poi celebrate dal regista nel memorabile seguito L’Uomo di Ferro (1981), vincitore della Palma d’Oro al festival di Cannes e candidato all’Oscar come miglior film straniero: con questo film di grande successo a ridosso degli avvenimenti, Wajda manifesta infatti la sua devozione al nascente movimento guidato da Lech Walesa (che compare nel film nei panni di sé stesso), realizzando quello che diventerà un film simbolo della lotta per la libertà nell’Europa dell’Est. Dopo Senza Anestesia, Le Signorine di Wilko (anch’esso candidato all’Oscar come miglior film straniero) e Direttore d’orchestra (con protagonista John Gielgud), nel 1983 l’autore si sposta in Francia per girare il film storico Danton (con protagonista Gérard Depardieu), per cui vince il premio César per la miglior regia. Successivamente dirige due film sulla seconda guerra mondiale, ovvero la produzione tedesca Un amore in Germania e Cronaca di avvenimenti d’amore, mentre con I Demoni (tratto dal capolavoro di Dostoevskij) si concentra sul difficile rapporto tra rivoluzione e totalitarismo. Con Dottor Korczak racconta invece la storia di un santo laico, un medico ebreo polacco morto in un campo di concentramento. Negli anni Novanta gira principalmente opere influenzate dalla sua esperienza teatrale che riscuotono poco successo fuori dalla Polonia, anche se di diverso tenore sono La Settimana Santa (premiato a Berlino con l’Orso d’Argento per il miglior contribuito artistico) e Pan Tadeusz (tratto dal capolavoro del poeta suo connazionale Adam Mickiewicz). Tra le sue opere più recenti, oltre al documentario Broken Silence (2002), a spiccare è soprattutto il bellissimo Katyn: candidato all’Oscar per miglior film straniero, il film racconta la storia delle migliaia di ufficiali polacchi fucilati dai servizi segreti sovietici nel 1940. Quest’anno il regista era atteso alla Festa di Roma, dove avrebbe dovuto partecipare alla proiezione del suo nuovo film Afterimage, dedicato al pittore polacco Wladyslaw Strzeminski, che nel dopoguerra subì dure repressioni dopo essersi rifiutato di piegarsi alle regole del “realismo socialista” (ovvero la dottrina ufficiale imposta agli artisti dal Partito comunista). Prima di quest’ultimo film (che verrà presentato postumo) aveva realizzato Walesa – L’Uomo della Speranza (2013), presentato alla mostra di Venezia e anch’esso dedicato al leader di Solidarnosc, del quale Wajda rievocava le battaglie rifacendosi ad una lunga intervista rilasciata dal futuro premio Nobel a Oriana Fallaci (interpretata nella pellicola da Maria Rosaria Omaggio). Premiato con il Leone d’Oro alla carriera nel 1998, due anni più tardi aveva ricevuto anche un Oscar onorario, mentre nel 2006 viene insignito dell’Orso d’Oro alla carriera al festival di Berlino. Inoltre, nei primi anni Novanta fu eletto senatore e nominato direttore artistico del Teatro Powszchny di Varsavia, ricevendo in seguito la nomina a membro onorario dell’Unione dei Teatri d’Europa, mentre nel 2011 è stato inserito nell’Ordine dell’Aquila Bianca, la più alta onorificenza del suo Paese.

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